La seconda ondata ha rimesso in discussione la solidità
del mini-rimbalzo registrato a giugno-luglio. In questa
nuova fase i governi devono agire rapidamente per evitare
una catastrofe economica e sociale e predisporre il
ricorso sistematico ai test per il Covid-19 in modo tale da
poter riaprire in sicurezza i confini senza far ricorso alle
quarantene indiscriminate

BENITO NEGRINI
presidente dell’Italian board airline representatives, Ibar

Il trasporto aereo rappresenta un’industria globale per la sua stessa natura. Anche per questo ci siamo resi conto molto presto, e molto prima di altri, della necessità di affrontare la grave crisi in maniera il più possibile coordinata tra i vari Stati, perlomeno tra quelli che presentano condizioni analoghe in termini di diffusione epidemiologica e di affidabilità delle strutture sanitarie. L’Ibar partecipa a diversi consessi europei sul tema: tra i nostri colleghi è molto diffusa la preoccupazione che l’accavallarsi di misure locali – spesso non concordate tra gli Stati – finisca per diventare una ragnatela in cui diventa difficile districarsi sia per le compagnie sia, in ultima analisi, per i passeggeri. La nostra industria ha contribuito al processo di decision making proponendo soluzioni che salvaguardassero contemporaneamente le esigenze sanitarie e il diritto alla mobilità. In Italia si è lavorato bene negli aeroporti per assicurare lo scrupoloso rispetto delle prescrizioni sanitarie. Tutte le componenti della filiera hanno svolto diligentemente il proprio compito e a oggi non si sono levate voci che mettessero in dubbio la sicurezza sanitaria dell’aereo come modalità di trasporto. Risulta inoltre doveroso dare atto al ministero dei Trasporti e all’Enac di essersi spesi in tal senso nelle interlocuzioni con altre istituzioni. Non possiamo nascondere che le notizie delle ultime settimane hanno rimesso in discussione la solidità del mini-rimbalzo registrato a giugno-luglio e raffreddato le aspettative di chi prevedeva un rapido rimbalzo della domanda di mobilità. A partire da agosto tutti gli organismi e le associazioni internazionali hanno rivisto al ribasso le proprie stime di traffico per i prossimi mesi. Anche i dati di settembre confermano che la domanda di mobilità internazionale si va progressivamente indebolendo.Negli aeroporti italiani si registra un calo dei volumi nell’ordine del 70%, mentre Eurocontrol si è vista costretta a correggere, alquanto al ribasso, le proprie stime per il periodo invernale portando il decremento atteso dal precedente 25/35% a un purtroppo più realistico 50/60%. Lo scenario certamente non migliora se si considera che gli aerei viaggiano con un fattore di riempimento molto inferiore rispetto al passato e che il traffico intercontinentale è quasi del tutto assente. Non occorre ripetere numeri che conosciamo tutti; basti dire che, a testimonianza della scarsissima visibilità che in questo momento abbiamo sul futuro, ormai tutte le proiezioni sui volumi di traffico (a breve e medio termine) contemplano molteplici scenari graduati sulle diverse possibili evoluzioni della pandemia. In questo momento, solo per fare un esempio, sarebbe dunque utile capire se il governo italiano abbia o meno intenzione di implementare misure di supporto economico al settore del trasporto aereo. Tutte le componenti della filiera (compagnie aeree, gestori aeroportuali, società di handling, aziende di catering) sono in grave sofferenza e sarebbe un errore trascurare un settore strategico per l’economia del Paese. Secondo uno studio presentato dalla lata nel 2o19, il trasporto aereo vale il 2,7% del Pil Italiano e occupa 714mila addetti. Questi ultimi costituiscono un patrimonio in termini di know how che va salvaguardato anche per evitare il rischio di una progressiva marginalizzazione del nostro Paese in un settore di primaria importanza per l’economia nazionale (il turismo vale circa il 13% del Pil ). Per questo motivo attribuiamo grande rilievo alla possibilità di accesso agli ammortizzatori sociali di volta in volta predisposti dal governo e auspichiamo che ciò non comporti costi aggiuntivi per le aziende. Inoltre, in un momento di difficoltà per datori di lavoro e dipendenti, i tempi di gestione delle richieste (sia da parte dell’Inps, sia del Fondo speciale del trasporto aereo) dovrebbero essere migliorati. Nel dettaglio, sui tavoli dei decisori sono arrivate diverse proposte. Prima tra tutte, l’armonizzazione delle misure: i provvedimenti dovrebbero essere coordinati, proporzionali e basati sul mutuo riconoscimento tra gli Stati. Poi la codifica dei livelli di rischio: per facilitare la comprensione delle misure, lata e Aci hanno proposto la adozione di un sistema di color-coding che consentirebbe la immediata individuazione della rischiosità e del livello di attrezzature sanitarie dei singoli Paesi; la proposta è stata accolta favorevolmente da Icao e Commissione europea che ne ha fatto una raccomandazione per gli Stati membri. Terza proposta: la digitalizzazione dei processi: il proliferare della modulistica cartacea si sta dimostrando inefficace ai fini del tracciamento; anche l’Italia potrebbe ispirarsi alle soluzioni digitali già adottate da diversi Paesi (Grecia e Spagna per citare due destinazioni concorrenti). Quarta, le soluzioni transnazionali: l’obiettivo da prefiggersi è lo sviluppo di una app paneuropea per il tracciamento dei contagi; in questo senso registriamo qualche progresso con la notizia che Immuni si sta progressivamente interfacciando con app analoghe predisposte da altri Stati membri. Inoltre ci fa ben sperare il fatto che il ministero della Salute sia uno dei principali partner dell’Healthy gateways joint action consortium, organismo internazionale che studia e propone soluzioni per la gestione delle emergenze sanitarie. Saggiamente, il consorzio ha previsto la partecipazione al proprio advisory board di organismi (dg Move, Easa, Icao) e stakeholder (lata, Aci) in rappresentanza dal nostro settore. Comprendiamo le enormi difficoltà riscontrate dai governi nazionali nel fronteggiare un nemico sconosciuto e pericoloso dovendo salvaguardare contemporaneamente la tutela della salute pubblica e le attività economiche. Una minaccia di queste dimensioni richiedeva inevitabilmente l’adozione di misure eccezionali e le autorità chiamate a prendere difficilissime decisioni hanno agito secondo il principio della massima tutela sanitaria. Un approccio ampiamente condivisibile nella fase iniziale della pandemia, che però ha avuto pesanti effetti sulle attività economiche. In questa nuova fase, sembra giusto riprendere i concetti espressi a inizio novembre dal direttore generale della lata: i governi devono agire rapidamente per evitare una catastrofe economica e sociale, predisporre il ricorso sistematico ai test per il Covid-19 in modo tale da poter riaprire in sicurezza i confini senza far ricorso alle quarantene indiscriminate. In conclusione una nota positiva: anche se l’orizzonte temporale del ritorno ai livelli di operatività pre-Covid tende ora ad allontanarsi, abbiamo già dimostrato molte volte in passato di essere una industria alquanto resiliente. Anche questa volta sapremo risorgere.

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